Lutto e malattia cronica
“Quando perdi qualcuno e questo qualcuno ti manca, tu soffri perché la persona assente si è trasformata in un essere immaginario: irreale. Ma il tuo desiderio di lei non è immaginario.
Così è a quello che devi aggrapparti: al desiderio. Perché è reale.”
Jonathan Coe
Il lutto è uno stato emotivo che caratterizza la vita di ognuno di noi, principalmente è la condizione in cui ci si viene a trovare a seguito della morte di una persona cara. Ma esistono altri tipi di lutto che riguardano qualsiasi evento vissuto come una “perdita”, ad esempio l’abbandono da parte del partner, o di un genitore, la perdita della propria casa, la perdita del proprio ruolo sociale, l’impossibilità di mettere al mondo un figlio.
Le persone in lutto soffrono profondamente e spesso si trovano impreparate ad affrontare le reazioni che si manifestano a livello corporeo, cognitivo, affettivo, emotivo, spirituale e sociale.
Nel lutto si manifestano sentimenti ed emozioni spesso contrastanti, che generano sconcerto ed imbarazzo nelle stesse persone in lutto: l’incredulità, il rifiuto, l’impressione di vivere la propria vita da spettatore, il dolore, il senso di impotenza, la rabbia per l’abbandono, il sollievo per la fine della sofferenza propria e del morente, il senso di colpa, la depressione, il vuoto, l’autocommiserazione. È importante sapere che non esistono sentimenti giusti o sbagliati e che ogni emozione ha un ruolo specifico nel processo di elaborazione della perdita. Spesso si è tentati di mettere via un’emozione quando è troppo dolorosa o difficile da gestire, ma così facendo si ottiene il risultato contrario, si accresce di fatto lo stress e si rallenta il processo di elaborazione.
Un evento doloroso può anche generare delle reazioni a livello fisico, i cui sintomi più comuni sono: eccessiva stanchezza, mancanza/eccesso di appetito, insonnia, dolori veri, cefalea, senso di oppressione al petto.
L’elaborazione del lutto diventa un lavoro di riorganizzazione della propria esistenza, anche di quelle aree che sembrano non essere intaccate dall’evento luttuoso, poiché inevitabilmente ed indirettamente risentono del cambiamento avvenuto. Molte persone, dopo un grave lutto, hanno un’evidente e decisa sensazione di un “prima” e di un “dopo” e si sentono come “persone diverse”.
L’elaborazione del lutto prevede delle fasi fisiologiche diverse, caratterizzate da stati emotivi intensi e contrastanti. Possiamo identificare alcune tappe, per quanto questo percorso non sempre risulta agevole e lineare:
• riconoscimento della perdita;
• accettazione della perdita (spesso in questa fase la persona in lutto sembra essere chiusa in sé, apatica e indifferente);
• decentralizzazione della persona defunta, che non viene più posta in primo piano nella propria vita, la persona sembra avvertire un lento ritorno alla propria vita;
• capacità di far fronte ai cambiamenti nella propria vita e acquisizione di nuovi significati;
• capacità di intrecciare nuove relazioni;
• accettazione della perdita come evento anche sul piano affettivo.
Queste tappe, anche se raggiunte, non sono acquisite definitivamente; si ha spesso la sensazione di progredire per poi ricadere nel dolore. È un processo normale, l’elaborazione del lutto non segue un processo lineare.
Molte persone rimangano bloccate in un lutto per anni e anni, sviluppando veri e propri disturbi psicologici legati, in primo luogo, alla sfera dell’umore. In ambito psicoterapeutico occorre, in primo luogo, aiutare il soggetto a sperimentare le emozioni e il dolore connessi con il lutto, per una maggiore presa di consapevolezza e per facilitare la riorganizzazione del Sé.
Malattia
L’incontro con la malattia (in particolare con le patologie organiche gravi e con il dolore cronico invalidante) richiede un tale cambiamento di vita che rischia di intaccare lo stesso senso di identità della persona; questo può essere vissuto con profonda angoscia e avversione, ansia, depressione, che inevitabilmente influisce sulla soglia della percezione del dolore, provocando un logoramento psicofisico e un aggravamento della stessa patologia organica. Da qui l’importanza – per sostenere, contenere e accompagnare l’esperienza della malattia grave ed invalidante – di un intervento di supporto psicologico. Di fronte ad una malattia importante, in particolare di tipo oncologico, diminuisce la capacità di reagire, non esistono più punti stabili, aumenta l’ansia di non avere le cose sotto controllo e si insinua un senso di spersonalizzazione. Spesso, oltre il tempo della malattia, molto faticoso è il periodo subito dopo la fine delle cure, momento in cui la persona rimane sola e può maturare la paura della recidiva, sviluppando vissuti di panico e di forte ansia. Inoltre, l’inizio di un percorso di cura stabile e continuativo nel tempo, come una chemioterapia o la dialisi, modifica le abitudini personali e familiari ed è fonte di numerosi stress. Tra questi le difficoltà fisiche correlate al trattamento, il disagio causato dalle restrizioni alimentari e l’impatto sulla vita sociale e sessuale, tutti fattori che condizionano la persona a livello sociale, familiare e lavorativo. Il disagio psicologico spesso implica problemi nel mantenere una adeguata collaborazione al trattamento (ad esempio, attenersi alle indicazioni mediche) e nell’adattarsi alla nuova situazione conservando un accettabile livello di qualità di vita. Inoltre, come conseguenza dei disturbi fisici e dello stress legato alle cure, si può sviluppare una condizione psicologica detta alessitimia, cioè l’incapacità di esprimere le proprie emozioni, fino a portare la persona a focalizzarsi sui sintomi fisici e persino a somatizzare. Il corpo diventa così l’unica via per manifestare i vissuti emotivi, le preoccupazioni e il disagio. In questo quadro, compito dello psicoterapeuta è quello di aiutare il paziente ad esprimere il proprio disagio con modalità più funzionali, creare uno spazio di riflessione e condivisione, trovare nuove modalità di affrontare le tematiche inerenti la nuova gestione del sé. Il percorso di supporto psicologico ha l’obiettivo di diminuire la sintomatologia ansiosa e depressiva, di aiutare il paziente a fronteggiare i cambiamenti del corpo e di supportare il paziente nelle difficoltà sessuali e relazionali che possono verificarsi; in poche parole la direzione che prende la relazione con lo psicoterapeuta è quella del miglioramento della qualità della vita del paziente. Diversi studi dimostrano che la psicoterapia, migliorando la capacità di reagire a situazioni stressanti, la qualità delle relazioni affettive, la qualità dell’adattamento alla malattia, incide sulla sopravvivenza dei pazienti con malattie mediche maggiori. Si migliora, infatti, l’attitudine e l’aderenza alle prescrizioni terapeutiche e si promuove una migliore relazione con lo staff medico. Un altro vantaggio da non trascurare è l’alleggerimento del carico emotivo dei familiari e dei partner, che diventano così una delle risorse a disposizione del paziente, ma non l’unica, per il suo sostegno emotivo.